20 ottobre 2008

Pantaleone, Pantelimon, Pantaleòn: il culto del “Misericordioso” nel mondo

Nell’anno dell’Eucaristia (2005), dono e ringraziamento in cui Cristo si fa presente come Corpo “offerto in sacrificio” e come Sangue “versato per la Nuova ed Eterna Alleanza”, la nostra Comunità Ecclesiale ha celebrato il XVII Centenario del martirio di San Pantaleone, avvenuto nel 305 a Nicomedia sotto la persecuzione di Diocleziano. La nostra Comunità Ecclesiale si appresta a celebrare il giorno glorioso del martirio di San Pantaleone, avvenuto il 27 luglio del 305 a Nicomedia sotto la persecuzione di Diocleziano. La più cruenta, estesa ed intensa delle persecuzioni, per essere precisi, che vide cadere fino a cento martiri al giorno: “Anche se avessi cento lingue, cento bocche, una voce ferrea, non riuscirei a scorrere tutto l’elenco delle sofferenze che i giudici hanno inferto a giusti e innocenti nelle varie province imperiali”, scrive Lattanzio. Ma “Sanguis martirum semen christianorum”, il sangue dei martiri produce cristiani, per usare la celebre frase di Tertulliano, ed, in effetti, gli storici inseriscono, tra le molteplici cause dell’espansione cristiana dei primi secoli, lo spettacolo di forza e di serenità offerto dai martiri durante i supplizi.Il culto di “Pantaleemone” si è diffuso dapprima in Oriente, (Asia Minore, Grecia e Russia), poi in Occidente (Italia, Francia, Germania, Spagna) dove sorsero chiese e monasteri. Le cronache ricordano come, grazie alla sua intercessione, nel 1154, il Gran Principe di Kiev Iziaslav II si salvasse miracolosamente nel corso di una cruenta battaglia e, non a caso, proprio in Russia, dove il culto del “Megalomartire Pantelimon” è diffusissimo (nel 2000 un milione di fedeli ha venerato le sacre reliquie nella cattedrale di Mosca), sorsero anche numerosi ospedali a lui dedicati, demoliti, purtoppo, durante il regime totalitario. In Grecia, sul Monte Athos, è invece presente il Monastero Aghíu Panteleímonos (di San Panteleímon) in cui vivono un centinaio di monaci, per lo più di nazionalità russa, che celebrano la festa nella notte tra il 26 e il 27 luglio (adattato al calendario ortodosso). Va, poi, sottolineato come il testo scritto da Don Giuseppe Imperato “Un Testimone —San Pantaleone” sia stato tradotto in portoghese da Giacomo Gasparro: “Uma Testemunha Sào Pantaleào”. “San Pantaleòn Medico y Màrtir” è invece opera del Missionario Francescano Fray Contardo Miglioranza. Se solamente a partire dalla Visita Pastorale del 1617 San Pantaleone è esplicitamente menzionato come protettore di Ravello, è legittimo supporre che i ravellesi lo avessero scelto come speciale patrono già nei secoli addietro.In Italia “Pantaleemone” è venerato anche a Venezia, che inseriva la sua festa nel “Calendarium Venetum”, a Firenze, Roma, Palermo, Napoli, Benevento, Vallo della Lucania, Crema, Lanciano, Limbadi e Papanice, Montoro, Montauro e in altri piccoli centri. In questo contesto internazionale la nostra piccola città, custode della più singolare delle reliquie, ha il particolare privilegio di costituire un “faro lucente” per quanti, da Mosca a Rosario, da Madrid a Venezia, si affidano alla protezione del medico celeste. I pellegrini ortodossi, che numerosi raggiungono Ravello per raccogliersi in preghiera davanti alla sacra ampolla, e le visite delle comunità di Vallo della Lucania, Montoro e Montauro, accolte negli ultimi anni nella nostra basilica, ne sono una testimonianza. Solo meditando profondamente sulla sua figura potremo cogliere appieno la provocazione e l’invito ad essere testimoni del Vangelo: uomini veri e innamorati di Cristo, che hanno scelto di affermare, con il suo stesso coraggio, i valori di una Fede autentica, in grado di permeare a fondo un mondo, ieri vocato agli dei pagani, oggi sempre più votato ad una esteriorità effimera. Sarà il modo migliore per celebrare il discepolo Pantaleone che, soffrendo come il Maestro e per il Maestro, nel momento in cui, sotto la scure del sanguinario carnefice, agli occhi terreni sembrava fallire, in realtà poneva le basi di un nuovo futuro per tutta l’Umanità.

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